La guerra al nemico invisibile del coronavirus prosegue senza sosta e, nonostante i continui passi avanti, non è ancora tempo di deporre le armi. Da inizio pandemia fino a metà luglio, il covid ha ucciso in Italia quasi 35.000 persone.
In Italia l’arresto cardiaco uccide circa 60.000 persone ogni anno (circa una persona ogni 1.000 abitanti), rappresentando ancora una delle principali cause di mortalità. Uno studio basato su dati ISTAT del 2001 dimostra che la morte per arresto cardiaco rappresenta infatti il 10% della mortalità totale.
Per avere un'idea ancora più chiara della situazione, può essere utile un confronto con i dati dei decessi per altre malattie o eventi.
- Decessi per AIDS: circa 700 l’anno
- Decessi per droga: circa 1.000 l’anno
- Decessi per obesità: circa 1.000 l'anno
- Decessi per incidenti stradali: circa 3.000 l’anno
- Decessi a causa dell’alcol: circa 17.000 l’anno
- Decessi per arresto cardiaco: circa 60.000 l’anno
- Decessi per tumori: circa 170.000 l’anno
Il motivo per cui le vittime di arresto cardiaco sono così numerose è soprattutto uno: l’assenza di defibrillatori semiautomatici sul territorio. Ad oggi, infatti, i defibrillatori sono obbligatori solo nelle strutture sanitarie o sociosanitarie, nelle ambulanze, negli ambulatori pubblici e privati, dal 1° luglio 2017 nelle associazioni sportive. Nessun obbligo, invece per scuole e aziende, per le quali il defibrillatore è solo consigliato dal Ministero della Salute. Nulla viene detto, infine, per i condomìni, anche se è dimostrato che più del 70% degli arresti cardiaci si verificano in casa.
Se la pandemia di COVID-19 è stata così grave e violenta da indurci a modificare i nostri comportamenti quotidiani, indossare mascherine, comprare igienizzanti, installare barriere protettive in negozi e farmacie, sanificare giornalmente gli ambienti di lavoro, per quale motivo l'arresto cardiaco, che causa da anni circa 165 morti ogni giorno, non è preso altrettanto seriamente? Basterebbe la presenza capillare di defibrillatori sul territorio per garantire la defibrillazione entro pochi minuti dall’intervento, permettendo la sopravvivenza di migliaia di persone.