Gli attacchi di cuore sono sempre più in aumento tra i giovani adulti

arresto cardiaco

La ricerca mostra che gli attacchi di cuore sono notevolmente diffusi tra gli adulti di età inferiore ai 50 anni, e gli esiti sono peggiori tra le donne. La buona notizia è che sappiamo come prevenirli.

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Sono sempre di più le evidenze che indicano che, rispetto ai decenni passati, è sempre maggiore il numero di giovani adulti che soffre di problemi cardiaci, e che la colpa è del peggioramento delle abitudini di vita, in particolare della cattiva alimentazione e della mancanza di esercizio fisico. Alcune ricerche suggeriscono che l’infezione da COVID rappresenta un ulteriore fattore di rischio.

Forse la tendenza più allarmante è che, nonostante il calo registrato tra gli adulti più anziani, la percentuale di casi di attacco cardiaco tra i giovani adulti sta aumentando in tutto il mondo, un fenomeno che molti medici che hanno parlato con National Geographic considerano un’emergenza di salute pubblica (per ‘giovani adulti’ si intendono le persone di età compresa tra i 20 e i 50 anni).

Eventi recenti hanno acuito queste preoccupazioni: alla fine di luglio, il diciottenne Bronny James, il figlio maggiore della star dell’NBA LeBron James, è collassato dopo un arresto cardiaco durante l’allenamento di basket presso la University of Southern California (nel frattempo è stato dimesso, dopo un breve ricovero in ospedale).

L’arresto cardiaco è diverso dall’attacco di cuore, ma questo evento solleva domande più generali sulla salute cardiovascolare dei giovani.

“I giovani non sono immuni dal rischio di arresto cardiaco o attacco cardiaco, eppure molti pensano che queste siano ancora condizioni associate tipicamente gli anziani”, afferma Ron Blankstein, esperto senior di cardiologia preventiva del Brigham and Women’s Hospital e professore di medicina alla Harvard Medical School di Boston. “Ma la cosa più importante che i giovani devono sapere è che le malattie cardiovascolari, nella maggior parte dei casi, possono essere prevenute, se si prendono le giuste contromisure”.

Attacchi cardiaci in aumento tra i giovani adulti

L’arresto cardiaco, di cui è stato vittima anche Bronny James, si verifica quando il cuore smette improvvisamente di battere, a causa di un malfunzionamento elettrico. È diverso dall’attacco cardiaco, che si verifica invece quando l’afflusso di sangue al cuore è parzialmente o completamente bloccato.

Poiché l’arresto cardiaco può essere causato da diverse condizioni, come la cardiomiopatia (ispessimento del muscolo cardiaco), l’insufficienza cardiaca, l’aritmia (irregolarità del battito cardiaco) e, appunto, l’infarto, è difficile per i medici valutare e determinare se l’incidenza stia effettivamente aumentando tra i giovani adulti.

Tuttavia, la ricerca mostra che gli attacchi di cuore (chiamati anche infarti del miocardio) sono in aumento tra i giovani. I sintomi più comuni sono dolore o fastidio al petto, dolore che si irradia alla mascella, al collo, alla schiena o alle braccia, respiro affannoso, sensazione di debolezza o svenimento.

Uno studio svolto su oltre 2.000 giovani adulti ricoverati per infarto in due ospedali statunitensi tra il 2000 e il 2016 ha evidenziato che 1 su 5 aveva un’età uguale o inferiore a 40 anni, e che la percentuale di questo gruppo è aumentata del 2% ogni anno, nell’ultimo decennio.

Lo studio, pubblicato nel 2019 sulla rivista American Journal of Medicine, ha anche rilevato che le persone di età di massimo 40 anni che hanno subito un attacco cardiaco hanno la stessa probabilità degli adulti più anziani di morire a seguito di un altro attacco cardiaco, ictus o altre ragioni.

Infatti, l’aumento delle malattie cardiache verificatosi tra i giovani adulti nel 2020 e nel 2021 è la causa di oltre il 4% del recente calo nell’aspettativa di vita per gli abitanti degli Stati Uniti, secondo un editoriale pubblicato a marzo su JAMA Network. 

Chi è maggiormente a rischio?

Il problema non è solo americano. Le ricerche dimostrano che anche in Pakistan e in India, ad esempio, gli adulti sono colpiti da infarto in età più giovane. “Le malattie cardiovascolari non conoscono confini internazionali”, ha affermato Blankstein, “e nemmeno i fattori di rischio”.

E sebbene gli attacchi cardiaci colpiscano in genere più spesso gli uomini che le donne, studi recenti indicano che a subire gli infarti sono più le giovani donne rispetto ai giovani uomini, e che i loro esiti sono peggiori.

Un’indagine del 2018 pubblicata sulla rivista Circulation ha rilevato che la percentuale complessiva di ricoveri per infarto tra le persone di età compresa tra 35 e 54 anni è aumentata dal 27% nel 1995-99 al 32% nel 2010-2014. L’aumento maggiore si è verificato tra le giovani donne (dal 21% al 31%) rispetto ai giovani uomini (dal 30% al 33%).

Le giovani donne dello studio erano spesso di colore e avevano un’anamnesi di ipertensione, diabete, nefropatie croniche e precedenti ictus.

Alcuni studi hanno evidenziato che i medici sono più propensi a sottostimare i sintomi e alcuni fattori di rischio nelle donne, e che sono meno propensi a prescrivere loro farmaci che le aiutino nella gestione dei rischi.

Quali sono i principali fattori di rischio?

La maggior parte delle ricerche mostra che un numero sempre maggiore di persone, in particolare di diversa origine razziale ed etnica, sviluppa fattori di rischio per le cardiopatie in età più giovane, e che la maggior parte delle persone giovani e apparentemente sane che hanno un attacco cardiaco presentano quasi sempre almeno una patologia preesistente.

I principali fattori di rischio sono l’ipertensione, il diabete, il colesterolo alto e l’obesità: tutti fattori che possono causare l’ostruzione e il danneggiamento delle arterie e dei vasi sanguigni che portano il sangue – quindi l’ossigeno – al cuore.

In alcuni casi tali patologie possono essere di tipo genetico, ma più spesso sono causate da anni di abitudini non sane, come un’alimentazione scorretta e uno stile di vita sedentario, che in genere prendono piede già negli anni dell’infanzia, spiega Eugene Yang, esperto di cardiologia preventiva e presidente del Consiglio per la prevenzione delle malattie cardiovascolari dell’American College of Cardiology.

Il COVID, invece, sembra avere un impatto più immediato sulla salute cardiovascolare. Uno studio del 2022 pubblicato sul Journal of Medical Virology ha rilevato un aumento del 14% nei decessi per infarto nel primo anno della pandemia. L’aumento maggiore è stato registrato tra gli adulti di età compresa tra i 25 e i 44 anni.

Il COVID innesca reazioni infiammatorie nell’organismo e rende il sangue più spesso e denso, afferma Yang, e questo può rendere le persone infette più esposte alla formazione di coaguli di sangue che possono ostruire le arterie e provocare l’infarto. Tuttavia, non è ancora chiaro il motivo per cui sembra che siano gli adulti più giovani i soggetti più vulnerabili alle complicazioni cardiovascolari del COVID.

Anche altri fattori, come l’uso di tabacco, cocaina, marijuana e alcol, sono stati associati a un maggiore rischio di infarto nei giovani adulti.

I giovani adulti non sono consapevoli dei rischi

Eppure, la maggior parte dei giovani adulti non sono preoccupati. Un sondaggio condotto a gennaio dal Wexner Medical Center dell’Università Statale dell’Ohio ha rilevato che il 47% delle persone di età inferiore ai 45 anni non pensa di essere a rischio di cardiopatia; un terzo di tutti gli adulti intervistati ha dichiarato che non saprebbe individuare con certezza i sintomi dell’infarto.

Analogamente, solo la metà dei 3.500 giovani adulti che presentavano fattori di rischio significativi riteneva di essere a rischio di malattia cardiaca prima che si verificasse l’infarto; e un numero ancora inferiore ha riferito di essere stato informato da parte del proprio medico curante di essere a rischio, soprattutto le donne.

Secondo gli esperti, convincere i giovani adulti a preoccuparsi per la salute del proprio cuore è un molto difficile: in quella fase della vita si è impegnati a mettere su famiglia e a costruirsi la carriera.

Ma non è tutta colpa loro. Il sistema sanitario non è progettato per valutare e trattare efficacemente i giovani adulti affetti da malattie cardiache, afferma Blankstein, e questo alimenta il preconcetto che regna tra i medici secondo cui i pazienti più giovani sono meno a rischio.

Il più diffuso ‘calcolatore di rischio’, sviluppato dall’American Heart Association (AHA), ad esempio, valuta i rischi solo per i soggetti di età compresa tra i 40 e i 75 anni.

Inoltre, la maggior parte dei giovani adulti che hanno avuto un infarto non sarebbero stati idonei per il trattamento del colesterolo secondo le attuali linee guida, prima che si verificasse l’infarto; le donne hanno un’idoneità ancora più bassa rispetto agli uomini, nonostante fattori di rischio simili.

Fonte

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