Svezia, raddoppiate le possibilità di sopravvivere ad arresto cardiaco

arresto cardiaco

Lo indicano i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista European Heart Journal. Gli esperti hanno preso in esame oltre 130mila casi.

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Salvare le persone che incorrono in un arresto cardiaco è una corsa contro il tempo. Sono necessari la rianimazione cardiopolmonare e un defibrillatore, ma soprattutto una buona dose di fortuna e un intervento preciso e puntuale. Secondo uno studio pubblicato sull’European Heart Journal, rivista medica pubblicata settimanalmente dalla Oxford University Press, in Svezia la possibilità di sopravvivere ad un arresto cardiaco è più che raddoppiata negli ultimi 30 anni. Lo studio, che fa riferimento a tutti i casi che avvengono al di fuori dall’ospedale, ha coperto oltre 130mila casi.

Lo studio svedese

L’arresto cardiaco è generalmente la causa di morte più comune per le persone affette da diabete, insufficienza cardiaca o malattia coronarica. Di solito avviene all’improvviso, rendendo pressoché impossibile “anticiparlo”. Lo studio in questione include i dati del registro svedese su 106.296 casi di arresto cardiaco extraospedaliero raccolti tra il 1990 e il 2020, dove è stato evidenziato che la sopravvivenza all’arresto cardiaco è più che raddoppiata nei tre decenni presi in considerazione, arrivando all’11% di sopravvivenza. Mentre nell’ultimo decennio non sono stati aumenti delle percentuali, l’intero miglioramento si è verificato dalla fine degli anni ’90 e all’inizio degli anni 2000.

La parola agli esperti

Araz Rawshani, ricercatore presso l'Università di Göteborg e autore corrispondente dello studio, ha affermato a proposito. “Il motore di questa tendenza positiva dev’essere ricercato nell’incremento del numero di persone addestrate per eseguire la rianimazione in caso di arresto cardiaco extraospedaliero. Milioni di svedesi hanno ricevuto una formazione adeguata e intervengono sempre più spesso in caso di emergenza”.

In Svezia, su 30.032 casi di arresto cardiaco in ospedale, si è visto che la sopravvivenza è migliorata dell’1,2% raggiungendo il 35%. A tal proposito Rawshani ha sottolineato che anche questa si è però bloccata, ma per diversi motivi. “In primo luogo, le ambulanze non riescono ad arrivare in tempo per portare i pazienti in ospedale”. Uno studio che rimane comunque interessante e che pone l’attenzione su una condizione con percentuali di morte molto alte al mondo.

Fonte

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