Tra tutti i pazienti coinvolti, in 1946 hanno subito un arresto cardiaco fuori dall'ospedale (OHCA) e in 1080 all'interno di un ospedale. Durante la fase pandemica, il 10% dei pazienti con arresto cardiaco fuori dall'ospedale erano stati contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2, così come il 16% degli arresti cardiaci in ospedale. Incrociando tutti i dati è emerso che i pazienti con arresto cardiaco fuori dall'ospedale infettati da COVID-19 (l'infezione provocata dal virus) avevano un rischio di morire di 3,4 volte superiore rispetto ai non infettati (entro 30 giorni dall'evento); mentre i pazienti contagiati e con arresto cardiaco in ospedale avevano un rischio 2,3 superiore rispetto ai negativi. “Nessuno di questi pazienti era stato dimesso dall'ospedale quando lo studio è stato finalizzato, nell'ottobre 2020. Molti erano morti e il resto era ancora in cura presso la struttura ospedaliera”, scrivono gli autori dello studio.
Per quanto riguarda i pazienti con arresto cardiaco fuori dall'ospedale, la sopravvivenza a 30 giorni è stata del 4,7% per quelli con COVID-19; del 9,8% per i pazienti non contagiati e del 7,6% nel periodo pre-pandemico. Per quanto concerne gli arresti cardiaci in ospedale, la sopravvivenza a 30 giorni è stata del 23,1% nei casi positivi al SARS-CoV-2, del 39,5% nei pazienti negativi e del 36,4% nel periodo pre-pandemico. Mettendo a confronto i casi di arresto cardiaco pre-pandemici con i casi di COVID-19, il professor Sultanian e i colleghi hanno scoperto che il rischio complessivo di morire per via di un arresto cardiaco fuori dall'ospedale è aumentato di quasi tre volte durante la pandemia; per la precisione di 4,5 volte per gli uomini e del 33% per le donne. Il rischio complessivo di morire dopo un IHCA è invece più che raddoppiato; aumentando del 50% negli uomini e più di nove volte per le donne.
I ricercatori hanno osservato anche un aumento di 2,7 volte negli arresti cardiaci dovuti a problemi respiratori e un aumento dell'8,6% delle rianimazioni cardiopolmonari. Alla luce di tutti questi dati, gli autori dello studio sottolineano l'importanza di monitorare i pazienti con COVID-19 e tutti quelli a rischio con elettrocardiogrammi, che può essere un salvavita in quanto "permette di individuare immediatamente un arresto cardiaco". Gli scienziati sottolineano anche che, poiché COVID-19 si trasmette attraverso le gocce di saliva, chi assiste a un caso di arresto cardiaco non dovrebbe intervenire con la respirazione bocca a bocca: ecco tutte le regole per la rianimazione cardiopolmonare durante la pandemia.