Coronavirus, Arresto Cardiaco Aumentato del 58% nel 2020

covid arresto cardiaco

Uno studio italiano ha analizzato l’incidenza degli arresti cardiaci extraospedalieri in quattro province lombarde durante la pandemia Covid-19, confrontando i dati con l’anno precedente. Lo studio sembra dimostrare una correlazione tra il Covid-19 e la probabilità di avere un arresto cardiaco extraospedaliero.

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Tra fine febbraio e fine marzo, il periodo in cui il Covid-19 ha colpito pesantemente l’Italia, e in particolar modo la Lombardia, nelle province più colpite dal contagio (Pavia, Lodi, Cremona e Mantova) i numeri rilevati di arresti cardiaci sono di gran lunga superiori rispetto a quelli registrati nello stesso periodo dello scorso anno. I dati relativi alle quattro province appena citate sono stati diffusi dai cardiologi del policlinico San Matteo di Pavia e dai soccorritori dell’Azienda Regionale Emergenza Urgenza (Areu) ed evidenziano come la malattia provocata dal Sars-CoV-2 abbia avuto un forte impatto sull’incidenza degli arresti cardiaci extraospedalieri. Il dato che emerge è definito «impressionante» dagli stessi specialisti.

Più arresti cardiaci ai tempi del Covid-19

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La regione Lombardia è stata tra le prime aree ad aver sviluppato un focolaio di Covid-19 al di fuori dalla Cina; il primo caso è stato diagnosticato il 20 febbraio 2020 nella provincia di Lodi. Usando il registro degli arresti cardiaci della Lombardia (Lombardia CARe), sono stati confrontati gli arresti cardiaci extraospedalieri avvenuti nelle province di Lodi, Cremona, Pavia e Mantova durante i primi 40 giorni dell’epidemia di Covid-19 (dal 21 febbraio al 31 marzo 2020) con quelli verificatisi nello stesso periodo nel 2019 (dal 21 febbraio al 1 aprile 2019, per tenere conto dell’anno bisestile).

Sono state inoltre esaminate le segnalazioni quotidiane di nuovi casi Covid-19 registrati dal Dipartimento Nazionale di Protezione Civile e sono stati individuati, attraverso il database Lombardia CARe, i pazienti con sintomi indicativi di Covid-19 (febbre ≥ 3 giorni prima dell’arresto cardiaco extraospedaliero con tosse, dispnea o entrambi) o risultati positivi al tampone faringeo ottenuto prima dell’arresto cardiaco extraospedaliero o dopo la morte.

Durante il periodo di osservazione, nei quattro capoluoghi della bassa Lombardia sono stati segnalati complessivamente 9.806 casi di Covid-19 e 362 arresti cardiaci al di fuori degli ospedali: 133 in più rispetto allo stesso arco di tempo dell’anno precedente (229 casi dal 21 febbraio al 1 aprile 2019). Un aumento del 58%, con forti differenze registrate tra le province. L’incremento più rilevante ha colpito Lodi (+187%), seguita da Cremona (+143%), Pavia (+24%) e Mantova (+18%).

A crescere è stata soprattutto la quota degli uomini, secondo lo stesso trend che ha riguardato la malattia provocata dal nuovo coronavirus. Un aspetto che, abbinato alla crescita proporzionale dei contagi e degli arresti cardiaci e considerando che oltre tre quarti dei pazienti in più rispetto al 2019 avesse sintomi sospetti (se non proprio una diagnosi accertata di Covid-19), lascia pochi dubbi.

La malattia sembra rappresentare un rischio reale (anche) per l’attività elettrica del cuore. «Stiamo preparando un’analisi più completa per discutere le possibili cause di questa correlazione, che appare però ormai certa», spiega Enrico Baldi, cardiologo del Policlinico San Matteo e dottorando del dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Pavia.

Cresce la mortalità per arresto cardiaco

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Oltre all’aumento dell’incidenza, gli arresti cardiaci registrati al tempo del Covid-19 hanno fatto registrare anche una quota crescente di decessi. I ricercatori hanno stimato un ritardo medio nei soccorsi di tre minuti rispetto ai 2019. E sebbene la tempestività, ancor più nei casi di arresto cardiaco, faccia la differenza tra la vita e la morte, «un ritardo di questa entità non giustifica un aumento della mortalità di oltre dieci punti percentuale», aggiunge Baldi. Sono le caratteristiche degli eventi - con ogni probabilità - ad aver contribuito ad aggravare la prognosi. «In diversi casi, probabilmente a causa dell’isolamento sociale, è mancato un testimone in grado di chiamare i soccorsi. In altri casi, gli astanti (ovvero le persone presenti al momento dell’evento) hanno rinunciato ad intervenire con la rianimazione cardiopolmonare per timore del contagio. In alcuni pazienti, inoltre, non si è potuto usare il defibrillatore: questo perché l’arresto cardiaco potrebbe essere stato determinato da una causa respiratoria». Un motivo in più per ipotizzare che, in principio, tutto sia partito dal Covid-19. E che il numero dei decessi provocati dalla malattia - direttamente o meno - sia superiore a quello attualmente considerato.

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