Il 20% degli infartuati ha un arresto cardiaco entro 1 anno
Complice la pandemia, sono diminuiti i controlli post-infarto, portando a conseguenze drammatiche .
In Italia circa 130.000 persone hanno un infarto ogni anno e il 20% di questi pazienti entro 12 mesi va incontro a un nuovo arresto cardiaco, mentre il 60% è a rischio di un evento aterotrombotico.
L’arresto cardiaco è una condizione in cui il cuore non riesce più a far circolare il san- gue ed a far arrivare ossigeno alle cellule che compongono il corpo della vittima che, di conseguenza, inizia a morire in pochissimi minuti. Questa situazione può tuttavia essere riconosciuta e interrotta dal defibrillatore.
A 1 anno dall’infarto è dunque vitale un’attenta rivalutazione delle condizioni del paziente, ma purtroppo spesso non viene effettuata e molti pazienti non si sottopongono ai periodici controlli o sospendono la terapia medica.
La pandemia ha aumentato il numero di chi non si controlla
La prevenzione secondaria è una assoluta priorità dei pazienti cronici, poiché la sospensione o la riduzione della terapia farmacologica si associa a un alto numero di nuovi ricoveri. Tuttavia, la situazione di emergenza sanitaria che abbiamo vissuto, e stiamo tuttora vivendo a causa della pandemia Covid-19 ha inevitabilmente messo in difficoltà molti pazienti con pregresso infarto miocardico o rivascolarizzazione coronarica.
"A causa della recente pandemia i pazienti hanno saltato molti controlli poiché - ricorda Michele Gulizia, presidente della Fondazione per il tuo cuore e direttore Uoc Cardiologia ospedale Garibaldi-Nesima di Catania - l’attività ambulatoriale cardiologica è stata drasticamente ridotta al fine di limitare gli accessi nelle strutture sanitarie e dedicare personale sanitario ai reparti Covid. Come conseguenza - sottolinea Gulizia - si è assistito quindi a una riduzione di circa il 30-40% dei ricoveri per sindrome coronarica acuta e per scompenso cardiaco, patologie che rappresentano, da sole, la gran parte dei ricoveri cardiologici, con un aumento di oltre 3 volte della mortalità per infarto miocardico Stemi, la cui mortalità è passata dal 4,1 al 13,7%".
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