Il racconto di Rebecca, studentessa che ha salvato un compagno col defibrillatore

defibrillatore scuola

«Sono stata richiamata dalle urla dei professori. C’era un ragazzo a terra, privo di sensi, all’uscita della palestra». Sono state necessarie due scariche del defibrillatore per far ripartire il cuore.

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«Tieni, tocca a te». «Con il defibrillatore in mano, la prof che ci invitava a far presto, ho pensato solo alle scariche che avevo dato ai manichini durante il corso per esercitarmi: ma in quel momento avevo davanti a me un ragazzo che rischiava di morire e dovevo far presto». Rebecca Ghilardotti, per tutti Reb, compirà 18 anni fra due settimane. Due giorni fa, insieme a un compagno di classe, ha salvato la vita a un sedicenne che frequenta la stessa scuola a Sant’Angelo Lodigiano e che era andato in arresto cardiaco dopo l’ora di ginnastica. Giù come un sasso, senza conoscenza né battito, «come Piermario Morosini», diranno i medici di Lodi.

Per fortuna la scuola, l’istituto superiore Pandini, aveva un defibrillatore in palestra, a differenza dello stadio in cui il calciatore del Livorno morì per arresto cardiaco. Ma soprattutto una studentessa, Rebecca (e il suo compagno di classe Giovanni Balestra, che ha praticato il massaggio, ndr), capace di usarlo.

«Stavo andando a prendere il bus per tornare a casa (la giovane vive a San Zenone al Lambro, vicino a Melegnano, ndr) quando io e Giovanni siamo stati richiamati dalle urla dei professori. C’era un ragazzo a terra, privo di sensi, all’uscita dalla palestra. Una scena terribile». Rebecca si è chinata sul ragazzo che non respirava. Una delle docenti le ha passato il defibrillatore. E lei ha dato la scarica, senza pensarci. «Avevo la testa svuotata: mi sono detta, ti sei esercitata, sai come si fa perciò fallo e basta». Una prima scarica. Poi il compagno, Giovanni, si china sul 16enne e inizia a fargli il massaggio cardiaco, a cicli di compressioni, mentre Rebecca gli insuffla aria attraverso la mascherina. «Non bastava: è stata necessaria una seconda scarica per far ripartire il cuore — racconta lei —. Una liberazione vederlo tornare a respirare mentre arrivava l’equipaggio del 118, che lo hanno stabilizzato. Gli avete salvato la vita, ci hanno detto». Un gesto da eroina che la sindaca del suo paese, Arianna Tronconi, è decisa a premiare («Se lo merita, ma che coraggio ha avuto?») e che ieri ha reso noto sulla pagina Facebook ufficiale del Comune. Tre anni fa sua figlia, bagnina nella piscina comunale, salvò una piccola dall’annegamento.

Per Rebecca salvare vite è una passione nata per caso, iscrivendosi a un corso di addestramento per cani da salvataggio all’Idroscalo: «Puntavo a cementare il rapporto con il mio cane DJ, ma poi il corso mi ha “preso”. Imparare a salvare gli altri è una scuola di vita». Ora il percorso è alla fine e in estate potrà andare a fare l’assistente bagnina in Liguria: «Non vedo l’ora, avrò la possibilità di perfezionare le tecniche di soccorso in mare e prendere il brevetto, ovviamente da volontaria».

Al Pandini, la sua scuola di Sant’Angelo Lodigiano, l’anno scorso ha partecipato a un corso della Croce Bianca su soccorso e Dae (un corso BLSD): «Mi sono iscritta subito, senza pensarci». Dodici mesi dopo ha salvato un compagno. Il suo sogno dopo il liceo (scientifico con indirizzo sportivo) è diventare fisioterapista. Per il momento si dedica ad aiutare gli altri (lei ma anche Giovanni, 18enne lodigiano che dopo il liceo vuole dedicarsi a scienze motorie e si schermisce di fronte all’etichetta di eroe: «Abbiamo solo applicato quanto imparato»). Mamma Tiziana è orgogliosa: «In quella situazione ha mantenuto lucidità e sangue freddo, è stata straordinaria». Il pensiero della 17enne ora va al compagno di scuola che è ancora ricoverato in terapia intensiva a San Donato Milanese: «Spero si riprenda, voglio andare a trovarlo il prima possibile».

A cura di Francesco Gastaldi, Corriere della Sera

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